PMA: l’attesa nel post transfer
Chi ha affrontato uno o più percorsi di PMA sa bene cosa significhi “stare” in quel tempo inesorabile del post transfer. Un tempo emotivamente coinvolgente, ricco di significati e che ha destato e continua a destare l’attenzione anche di coloro che lavorano a sostegno delle coppie (associazioni forum, operatori sanitari, psicologi). Questo ha portato ad una proliferazione di consigli e suggerimenti su come rendere più tollerabile lo stress, l’ansia e tutta l’intensità emotiva che lo stato stesso dell’attendere comporta per ciascun membro della coppia.
Ecco alcuni consigli
1. mantenere una routine normale;
2. non lasciare che la PMA prenda possesso di ogni aspetto della propria vita;
3. non farsi prendere dal panico;
4. distrarsi;
5. non trascorrere intere giornate su internet;
6. non analizzare ogni sintomo fisico nel tentativo di anticipare i possibili esiti del trattamento che sono assolutamente imprevedibili e non controllabili;
7. decidere a priori come e con si condividerà il risultato ottenuto;
8. condividere con il proprio partner di cosa si avrà bisogno se l’esito non dovesse essere positivo (distrarsi, essere lasciati soli, parlare dei prossimi passi da compiere, o concedersi del tempo);
9. non mettere in preventivo solo il successo o l’insuccesso, ma pensare in termini realistici, ovvero essere consapevole che il risultato potrà essere positivo o negativo.
Come interpretare questi consigli
Ciascuno di questi consigli è giusto ed è sensato, molti derivano dalle esperienze dirette di chi già affrontato dei cicli, altri sono i risultati di studi scientifici, altri ancora sono il frutto dell’esperienza clinica dei terapeuti che si occupano di sostenere le coppie nei percorsi di PMA. Ma ogni suggerimento, è valido solo se ha senso per quella coppia e quindi solo nel momento in cui si sente che effettivamente possa rendere più sopportabile il momento dell’attesa; quello che spesso accade, invece, è che ciascuno suggerimento venga preso come una regola da seguire, e questo, perché si cerca di controllare il maggior numero di variabili in gioco tentando il tutto e per tutto al fine di aumentare le probabilità di successo. Questa modalità a quel punto non è più funzionale, ma diventa controproducente, poiché alimenta nelle coppie, specialmente nelle donne, l’impulso a colpevolizzarsi e a responsabilizzarsi per il fallimento del trattamento anche senza prove reali di ciò; diventa quindi un susseguirsi di attribuzione delle colpe e un rimuginio costante su tutte le cose che si sarebbero dovute fare diversamente: “avrei dovuto essere più ottimista, avrei dovuto mangiare meglio, avrei dovuto riposare di più, fare più trattamenti di agopuntura etc”.
Importante
In questa fase è molto importante comprendere che non esiste la scelta giusta o sbagliata su come vivere il tempo dell’attesa, ma quella più funzionale per i propri bisogni, se il bisogno di quella coppia, di quell’uomo o di quella donna è quello di accogliere tutte le proprie emozioni negative, allora è giusto farlo, e questo non significa lasciarsi travolgere da esse, ma semplicemente che se in quel momento si vuole lasciare spazio al dolore o alla tanto demonizzata rabbia o alla paura , allora quel dolore, quella rabbia e quella paura è giusto attraversarle , anche perché è solo attraversandole che potranno essere superate, cosi come se ci si sente fragili e si percepisce il bisogno di prendersi cura di se attraverso “gli altri”, allora è giusto coinvolgere chi riteniamo possa sostenerci, se vogliamo rompere una regola, una qualsiasi ,e concedersi una “coccola” allora è giusto farlo.
In questa specifica fase è quindi fondamentale darsi dei PERMESSI, sottrarsi dall’ossessione di ciò che debba essere fatto, o di ciò che sia più giusto fare, è importante quindi accogliere i propri pensieri e le proprie emozioni e i propri bisogni e gestirli nel modo che personalmente riteniamo più adatto in quel preciso momento.