La Nutrigenetica è l’area della genetica che studia quelle varianti del DNA capaci di influenzare la riposta dell’organismo a determinati alimenti. Attraverso semplici test salivari è possibile comprendere meglio la risposta di un individuo a specifici schemi alimentari ed aiutano il nutrizionista a sviluppare un piano dietetico altamente personalizzato.
“Non siamo tutti uguali – spiega Giulia Verdone, dietista del centro B-Woman specializzata in nutrizione clinica – anche se condividiamo circa il 99,8% del DNA con gli altri essere umani. Infatti se due individui seguissero lo stesso identico regime alimentare, non avrebbero sicuramente gli stessi risultati, confermando che ognuno di noi risponde diversamente all’alimentazione. Questa variabilità inter-individuale risiedono anche nel nostro DNA, nella piccola percentuale che ci rende così unici”.
Esiste la dieta del DNA?
“Nonostante le crescenti promesse della Nutrigenetica – osserva la Dr.ssa Verdone – la scienza oggi non ci dice che è possibile parlare di dieta basata esclusivamente sul DNA. Però i test nutrigenetici studiano cibi e nutrienti tra cui vitamine e minerali, identificando ad esempio soggetti con aumentati fabbisogni ed a rischio di carenza. Questo permette di ‘cucire’ un regime alimentare a misura del paziente, ma sempre considerando altri sintomi e strumenti diagnostici. Non è detto che una predisposizione genetica determini necessariamente patologia o malnutrizione, ma è utile conoscerla a scopo prevenivo e terapeutico”.
Alcuni esempi di varianti genetiche indagate dalla Nutrigenetica sono:
• MTHFR per il metabolismo di folati;
• FADS legati agli acidi grassi ed importanti nello studio dell’infiammazione cronica;
• MCM6 nell’intolleranza al lattosio;
• HLA DQ2 e DQ8 per la celiachia o l’intolleranza al glutine;
• CYP1A2 per il metabolismo della caffeina;
• ACE per la sensibilità al sale;
• APOE per il metabolismo lipidico ed il rischio cardiovascolare;
• PPAR-y, TCF7L2, KCNJ11 per la predisposizione al diabete ed il metabolismo di carboidrati.
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