Il peso corporeo di una donna che si sottopone a un ciclo di procreazione medicalmente assistita influenza l’esito di questa procedura. Lo dimostra un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Fertility and Sterility”
La ricerca ha riguardato 3.480 cicli di fecondazione assistita con applicazione di diagnosi pre-impianto per aneuploidia (PGT-A) sugli embrioni allo stadio di blastocisti, divisi in 4 gruppi a seconda dell’indice di massa corporeo (BMI sottopeso, normale, sovrappeso e obeso) delle donne.
Ne è emerso che le donne affette da obesità hanno un rischio maggiore di aborto rispetto alle donne con un peso normale, rischio che non è correlato allo stato di salute dell’embrione.
Questo maggior pericolo di aborto spontaneo costituisce la principale determinante della significativa riduzione del tasso di successo (bambino nato vivo) osservata nelle donne con obesità con feti cromosomicamente normali.
Le donne obese, dunque, sperimentano un più alto tasso di aborto spontaneo dopo il trasferimento di un embrione euploide rispetto alle donne normopeso, una scoperta che suggerisce come altri meccanismi diversi dall’aneuploidia siano responsabili di questo risultato.
“Questo lavoro dimostra in maniera incontrovertibile come la forma fisica di una paziente che affronta la Pma debba essere tenuta in massima considerazione nel momento in cui una donna inizia la ricerca di una gravidanza, sia naturalmente che mediante fecondazione assistita” commenta la Dottoressa Gemma Fabozzi, Embriologa e Nutrizionista del cento B-woman.