5° storia: Un percorso PMA con donazione di gameti, fare una scelta consapevole
La storia di Stefano e Nicole
Rientravo nel caso di azoospermia incurabile, già la parola “caso” mi faceva rabbrividire.
Non mi sarei mai aspettato che il problema potesse essere il mio, o quantomeno non mi ero mai posto un problema di questo tipo. Forse è una delle poche domande che non mi sono mai preoccupato di rivolgermi, non ci pensi, se non ti succede niente, se non hai malattie, se tutto ha sempre funzionato bene, perché dovresti pensare di essere sterile? È come non toccare un grasso alimentare per una vita intera per poi ritrovarsi con il diabete.
Ammetto di essere stato un privilegiato nella vita, ho sempre avuto accesi facili e validi sostegni, vivere l’infertilità per me ha rappresentato la messa in discussione di tutto, per la prima volta era stato privato di qualcosa che davo per scontato. Partivo dal presupposto che la paternità potesse essere mia se e quando l’avessi voluto, anzi forse il problema è sempre stato il contrario: il pericolo di diventare padre troppo presto. Solo con mia moglie Nicole ho deciso di non attuare forme di controllo non ne avevano mai parlato apertamente, ma sapevo che lei un figlio lo desiderava, e a me l’idea non dispiaceva. Iniziammo il trattamento e ogni ciclo che falliva alimentava la mia paura che il nostro matrimonio non si sarebbe più ripreso. Avevo paura, dopo sei tentativi di Icsi falliti e quando ci venne prospettata come unica opzione la fecondazione eterologa, la mia paura aumentò. Ebbi quarantanove giorni di pensieri totalmente contrastanti, non riuscivo a sciogliere il nodo della matassa, temevo la perdita della mia linea familiare, temevo che non avrei sentito quel bambino mio, temevo la reazione della mia famiglia, cattolica, rigidissima, e poi dall’altra parte c’erano diversi “pro”, l’esempio di amici e conoscenti che si erano riconosciuti come padri nel legame con i figli delle nuove compagne, ad esempio, inoltre, questo tipo di percorso sarebbe stato frutto di una decisione comune. Non mi diedi tutte le risposte, scelsi pensando a mia moglie, fu quella la spinta. Ci vollero due cicli prima che arrivasse Tommaso nella nostra vita. Non fu facile. Scegliere di avere un bambino con la donazione di seme ti porta a dover convivere con sentimenti ambivalenti che non si bloccano nell’immediato, ma persistono durante tutto il percorso è un viaggio che contiene strade che possono comprendere il dolore, la sofferenza e le paure per noi stessi e per la nostra compagna, ti portano a interrogarti sulla tua identità in quanto uomo, ti ritrovi a confrontarti con un mondo nuovo e sconosciuto, con termini nuovi mai sentiti prima e per quanto tu possa affidarti completamente allo staff medico, devi accettare che le paure persistano ed è naturale, altrimenti non saremmo umani. Ma poi a un certo punto il tempo e la genitorialità lasciano tutto questo sullo sfondo. Con la nascita di mio figlio il ricordo dell’infertilità era sfumato.
I consigli
Quando una coppia scopre che l’unico modo per ottenere una gravidanza è attraverso la donazione di gameti, si trova a dover affrontare ed elaborare due lutti, il primo per la perdita della fertilità, il secondo per la perdita del legame genetico con il bambino. Questo tipo di percorso, infatti, non rappresenta la soluzione di un problema, ma un’alternativa al problema che non è stato possibile risolvere attraverso la PMA. Scegliere di avere un bambino con donazione di gameti, significa:
– sostituire il desiderio di genitorialità al desiderio di riproduzione;
– significa abbracciare l’idea che la genitorialità sia rappresentata dal legame relazionale e non da quello genetico.
Non esistono consigli o suggerimenti generici per le coppie che sono incerte nell’intraprendere o meno questo viaggio, questo perché proprio il tipo di percorso genera dubbi, preoccupazioni, interrogativi che assumono un significato diverso, specifico e personale per ogni coppia.
Importante
Ciò che è certo è che debba rappresentare l’alternativa migliore per entrambi e non solo per uno dei due, cosi come è fondamentale non lasciarsi intimorire dal fattore tempo, arrivando a prendere decisioni affrettate per paura che dopo sia troppo tardi. Decidere di percorrere la strada della fecondazione con donazione di gameti, significa concedersi un tempo e uno spazio, il tempo giusto per maturare questa scelta con consapevolezza e lo spazio adeguato per tirare fuori tutto ciò che si prova e per poter poi analizzare ogni tipo di timore o resistenza: dalla paura di non sentire il bambino come proprio, al dispiacere di avere un bambino che non ci somiglierà fisicamente, al ruolo dell’epigenetica e dell’attaccamento, al dubbio se rivelare o meno al bambino le sue origini.
Questo consentirà alla coppia di arrivare ad una scelta, qualsiasi essa sia, in maniera più consapevole, più autentica e più libera.