Parte oggi la Rubrica LE NOSTRE STORIE: 10 coppie e la loro storia, 10 argomenti e tanti consigli su come affrontare il percorso di PMA
Desiderare un figlio e scoprire di essere infertile. Uno sconvolgimento emotivo
La Storia di Cristina e Alberto
Ho sempre preso in giro le mie amiche che usavano gli stick per controllare l’ovulazione. Un giorno li ho usati, tanto per divertirmi; li ho amati e poi odiati. Li ho amati quando era ancora un gioco, quando la nostra intimità sessuale era solo nostra, quando c’era tempo, ma da li a poco iniziò la smania… Ho scaricato tutte quelle stupidissime App, I-mamma, Flo, ìGyno, tutte… non vedevo l’ora di spuntare la casella INCINTA: niente! Passarono sei mesi e iniziai a cercare informazioni di ogni genere, mi rimase impressa la curva della fertilità che inizia a precipitare intorno ai 35 anni, io ne avevo 34, dovevo preoccuparmi? Ne parlai con Alberto e mi rispose: “Più ci pensi più non arriva!” Frase scontata, lo assecondai e decisi di aspettare, ma mi rimanevano impresse le parole della mia ginecologa: ”Avere rapporti sessuali frequenti e ben distanziati è una buona abitudine per ottimizzare le probabilità di concepimento.” Ed ecco che i miei rapporti sessuali si snaturarono e diventarono meccanici. Di mesi ne passarono altri sette, sapevo già a chi rivolgermi, a quale Centro e da quale medico: In fondo, anche se in modo virtuale, ero già entrata in quel “mondo”… e poi sono molto pragmatica, preferisco cercare subito le soluzioni per un problema anche se non si è ancora presentato. Dopo due settimane di esami e analisi mi resi conto che avevo ragione, il problema c’era e come, solo che un conto era pensarci in termini di possibilità remota, un conto era viverlo davvero e il mio si chiamava: patologia tubarica. Di quello che disse il ginecologo in quel momento ricordo poco: iter, tempi di attesa, costi, percentuali di successo… volevo solo sentire che nonostante tutto sarebbe bastato poco per risolvere la situazione. Salimmo in macchina in un silenzio di tomba, lo sguardo di Alberto era assente, la mano, rigida sul cambio. Non ebbi il coraggio di chiedergli nulla. Tornammo a casa e quella notte fui colta dai miei soliti mille se e mille ma, era una dinamica che conoscevo bene. Cominciai a pensare a cosa avrei potuto fare di diverso, qualche controllo in più, qualche scrupolo in più, cosa mi era sfuggito? Mi svegliai con una morsa sullo stomaco e mi resi conto che quella rabbia, quella paura e quella sensazione di sentirmi sbagliata, e nello stesso tempo vittima di chissà quale ingiustizia, erano solo un assaggio di quello che avrei provato successivamente. Era iniziato tutto come un gioco, il corollario bellissimo di un rapporto di coppia imperfetto e adesso sarebbe diventata la mia priorità, la mia ragione di vita. E’ incredibile, non l’avevo ancora concepito, ma il mio bambino già mi mancava da morire.
I consigli
Un figlio desiderato che non arriva genera situazioni di grande sofferenza. Affrontare il dolore di una diagnosi d’infertilità significa trovare un nuovo equilibrio di coppia elaborando il lutto che deriva da una diagnosi inaspettata. La rabbia, il senso di colpa e i rimorsi per le scelte passate fanno parte del percorso di elaborazione ma spesso è proprio durante questo viaggio che possono manifestarsi momenti di profondo smarrimento. In tutti questi casi è fondamentale tutelare il rapporto di coppia facilitando la comunicazione e il confronto reciproco. Non è sempre facile. Un evento che mette in crisi un progetto di coppia così importante può creare situazioni di forte tensione ecco che risulta quindi fondamentale:
- Accettare la crisi: l’infertilità può essere una delle maggiori sfide della nostra vita. riconoscere la difficoltà e accettare le emozioni è la condizione indispensabile per elaborarle e capire cosa davvero vogliamo per noi stessi e per la coppia;
- Non colpevolizzarsi: l’infertilità è una condizione che non si è scelta volontariamente;
- Non guardarsi indietro in cerca di risposte: nel passato non c’è nulla di utile per noi adesso;
- Evitare di chiudersi in se stessi: è importante aiutarsi a farsi aiutare, la condivisione con il partner o con amici fidati allevia il peso della sofferenza;
- Non sentirsi difettosi: essere infertili non ci nega la possibilità di essere generativi anche nel caso in cui il desiderio di genitorialità non venga soddisfatto.
Visione analisi e diagnosi
In aggiunta alle reazioni ben descritte da Cristina e Alberto e che, seppur con scenari differenti, accomunano oggi migliaia di coppie che vivono l’infertilità, vi sono poi l’attesa degli esiti degli esami e la formulazione della diagnosi che aggiungono un ulteriore carico emotivo ad una situazione già cosi difficile da tollerare.
Molte coppie giungono dal ginecologo di riferimento da una parte con la speranza di capire cosa stia succedendo e dall’altra con l’aspettativa di risolvere subito il problema , talvolta, però, le indagini cliniche possono richiedere tempi lunghi e questo genera ansia in entrambi i partner, poichè non potendo far altro che aspettare e non riuscendo a controllare la situazione, sperimentano nell’attesa un senso di impotenza, quando poi viene comunicata la diagnosi, se questa non si allinea con le aspettative della coppia, la delusione, lo sconforto e la paura di non realizzare il desiderio di genitorialità, si fanno ancora più forti. Una sensazione spesso molto presente nelle donne è quella di un corpo che in maniera del tutto imprevedibile ci tradisce. Ci sono poi le coppie per le quali è difficile formulare una diagnosi, in questi casi l’assenza di una valida spiegazione rende ancora più difficile l’accettazione di avere un problema di infertilità.
Cosa è importante fare quindi in questa fase?
- Informarsi: qualora la coppia stesse prendendo in considerazione la PMA, la corretta informazione e la conoscenza di quello che si andrà a fare sono fondamentali. Spesso le coppie sentono il bisogno di chiedere più volte al medico quello che sarà il possibile percorso, è importante non farsi remore in questo senso e decidere di intraprendere una strada solo dopo essere totalmente consapevoli dell’iter, dei costi e delle probabilità di successo;
- Non lasciarsi sopraffare dalle pressioni esterne: talvolta può accadere che le famiglie di origine, qualora fossero informate di quanto stia succedendo ai propri figli, tentino di distoglierli dall’intraprendere un percorso di PMA, vuoi per motivi religiosi, vuoi per motivi morali o sociali, in questi casi la coppia deve darsi la possibilità di scegliere cosa fare e come proseguire in funzione dei proprio bisogni e dei propri desideri senza lasciarsi condizionare dall’esterno;
- Mantenere un atteggiamento realistico: è importante calibrare ottimismo e pessimismo in base alla propria concreta situazione valutata con il massimo realismo possibile. Per contenere le ansie e le paure è necessario preventivare fin da subito sia l’esito positivo sia quello negativo;
- Cercare aiuto in altre coppie: può accadere che alcune persone che ci circondano, sottovalutino la sofferenza causata dall’infertilità, chi non condivide la stessa situazione ha difficoltà a capire, può solo immaginare, Questo, talvolta, può alimentare il desiderio di solitudine e di isolamento. Invece, condividere la propria esperienza e le proprie emozioni, anche negative, può essere di grande aiuto. Può essere molto utile per le coppie in questa fase creare contatti con coppie che stanno vivendo la stessa situazione , oppure rivolgersi ad associazioni o forum di pazienti che combattono con l’infertilità;
- Tenere a mente la coppia: questo è il punto più importante. La coppia rappresenta la spina dorsale dell’intero percorso. Una frase bellissima di Carl Jung e molto utilizzata dagli psicologici in questo periodo dice: “ Si supera solo ciò che si attraversa”, la coppia ha bisogno di affrontare questo percorso insieme, supportandosi a vicenda, ritrovando quelle risorse che in realtà gia’ possiede e che sono legate al motivo per cui ci si è scelti e alle abilità che hanno creato insieme come coppia. Solo cosi si potrà affrontare il percorso con meno fatica.