Chi decide di intraprendere un percorso di fecondazione assistita spesso dà alla tecnica non solo la responsabilità di realizzare il desiderio di un figlio ma potrebbe servire anche a dare la possibilità ad alcune donne di allontanarsi, attraverso la possibile maternità, da un lavoro che non piace più e da una vita insoddisfacente.
“In questi casi però – afferma Valentina Berruti psicologa e psicoterapeuta del centro B-Woman – il rischio è quello di dare al progetto di un figlio la responsabilità di liberarci da una vita che ci sta stretta. Inoltre, poi, può succedere che se non si ha la fortuna di riuscire ai primi tentativi, c’è il rischio di vivere ogni esito negativo come una sconfitta che influenza negativamente ogni aspetto della propria vita.
Sono questi i casi – aggiunge la psicologa – in cui gli esiti negativi possono condurre ad una depressione perché si era dato al progetto genitoriale un valore troppo alto”.
Cosa fare?
“Una valida soluzione, prosegue l’esperta, è sicuramente aprirsi ad altri progetti individuali e di coppia che serviranno ad accogliere meglio anche quel figlio che desideriamo tanto. Puntare su un solo progetto per cambiare una vita che non ci piace più, limita la nostra possibilità di trovare un modo per rendersi felici. Dunque se il lavoro o la vita attuale risulta priva di stimoli, è fondamentale aprirsi a nuove esperienze e a nuove possibilità. I figli, infatti, non dovrebbero salvarci da una realtà insoddisfacente ma, al contrario, dovrebbero essere accolti in un pieno dove il progetto di un figlio serve a completare una vita che dovrebbe essere già soddisfacente”.
Il consiglio
“Come psicoterapeuta che si occupa di infertilità – conclude la Dr.ssa Berruti – non mi è raro incontrare queste situazioni. Il consiglio che mi sento di dare soprattutto nei casi più complessi, in cui il dolore per i tentativi non riusciti sembra non essere superato, è quello di sottoporsi ad un consulto psicologico che darà la possibilità ai pazienti di ricostruire altri progetti generativi e di dare uno spazio adeguato al progetto genitoriale”.