Le-nostre-storie-Rubrica-B-Woman-1-1200x1200.jpeg

6° storia – La gravidanza dopo un percorso di PMA. SI può vivere con tranquillità?

 

La storia di Carlo e Sveva

C’è un negozio sulla via principale del centro dove abito,   il negozio preso d’assalto dalle donne in gravidanza,  quello di nicchia,  dove qualunque cosa indossi ti senti una supermodella sul red carpet… con il pancione.

Quante fantasie su quel negozio… quante volte ho  sognato il giorno in cui sarei entrata con una certa fierezza inarcando la schiena a 360 gradi per mettere in evidenza la pancia e poter dire alla commessa “sì, si sono incinta”.

Be’ quel momento era arrivato e io per tutta la gravidanza l’ho evitato come la peste.

E’ assurdo, anzi ero io a percepirmi assurda,  quattro anni di saliscendi continui, di speranze, delusioni,  sacrifici. Avevo finalmente ottenuto il mio premio, il  mio meritatissimo premio-gravidanza, quindi per quale inspiegabile motivo non mi sentivo al settimo cielo? Me lo chiedevo continuamente.

Ricordo che durante quei quattro faticosissimi anni, vivevo l’idea di un bambino,  oltre che come la realizzazione di un sogno,   come  una vera e propria liberazione dal mio corpo infertile e da tutte quelle sensazioni  spiacevoli che mi avevano accompagnata durante quel periodo.

Il paradosso era che con la gravidanza quelle sensazioni spiacevoli si erano moltiplicate. Cercavo rassicurazioni continue  dai medici, facevo le stesse ecografie da più ginecologi, sembravo una specie di orfanella che vagava di porta in porta in cerca di qualcuno che le dicesse: “Stai tranquilla Sveva. Sta andando tutto bene.”

Poi c’era quel maledetto senso di colpa che mi martellava  nella testa;  se prima lo sentivo verso mio marito che stavo privando della possibilità di diventare padre, adesso era rivolto a tutte le donne infertili  del pianeta. Se prima mi chiedevo:  perché loro sì e io no? Adesso era:  perché  io sì e loro no? Se prima vivevo l’infertilità come un’ingiustizia, adesso sentivo di non meritarmi la fertilità.

Forse era proprio questo il punto, non capivo  più se fossi fertile o infertile, o meglio forse ero una donna infertile che era rimasta incinta grazie alla PMA… ma se non ci fossero stati più  trattamenti, stimolazioni,  ce l’avrei fatta da sola? Il mio corpo, che quando doveva dare la vita si era messo in pausa, avrebbe portato a termine il suo dovere? La verità è che ero terrorizzata dal sentirmi e dal mostrarmi felice agli occhi degli altri, ero convinta che nel momento in cui avrei abbassato la guardia, sarebbe successo qualcosa di terribile.

Percepii di essere arriva al limite, quando sentii un giorno Carlo parlare con il suo migliore amico  sul pianerottolo di casa. Si lamentava del fatto che sembrava non andarmi bene niente, prima con l’infertilità e ora con la gravidanza. Fu in quei giorni che iniziai a comportarmi in modo più “normale”:  comprai  dei vestitini, iniziai a toccarmi la pancia e a parlare ai miei bambini.

I gemelli nacquero l’undici settembre di due anni fa e con loro nacqui io come mamma.

2-Torta-caprese--1200x1764.jpg

Torta caprese

Ingredienti

  • 200 gr di mandorle tritate
  • 200 gr di cioccolato fondente all’85%
  • 4 uova
  • 70 gr di zucchero di canna integrale
  • 2 cucchiai di crema di mandorle
  • 70 ml di olio di oliva

Separa gli albumi dai tuorli e montali a neve ben ferma. Nel frattempo, mescola i tuorli con lo zucchero per circa 10 minuti(il composto dovrà risultare cremoso simile ad uno zabaione) e fai sciogliere a bagnomaria il cioccolato. Unisci ai tuorli, il cioccolato, le mandorle, l’olio e la crema di mandorle. Mescola bene per amalgamare tutto e unisci infine gli albumi (lentamente dall’alto vs il basso per non smontare il composto). Imburra una teglia dal diametro di 20/22 cm e cuoci in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 40 Minuti. Se gradisci una volta sfornata spolvera la superficie di zucchero a velo.

2 Torta caprese 1
2 Torta Caprese 3
2 Torta caprese

Ricette ideate dalla nutrizionista  Gemma Fabozzi in collaborazione con Mara Soul Kitchen 

 

0-Torta-albumi-senza-zucchero-e-senza-glutin-1200x1200.jpg

Torta albumi senza zucchero e senza glutine

Ingredienti

  • 4 albumi
  • 200 gr di farina di grano saraceno
  • 150 gr di cioccolato fondente 85%
  • 2 banane mature
  • 1 bustina di lievito per dolci (in alternativa un cucchiaino di bicarbonato con qualche goccia di limone)
  • 120 gr di yogurt
  • 3 cucchiai di miele (se amate qualcosa di più dolce)
  • 60 ml di olio
  • 40 gr di datteri o uvetta o fichi secchi
  • mandorle per decorare (circa 40 gr)

Preparazione

Montate a neve ben ferma gli albumi con l’aiuto delle fruste elettriche. In una ciotola schiacciate le banane con lo yogurt e mescolate fino ad ottenere una crema. Aggiungete poi la farina, il lievito, i datteri a pezzetti, l’olio e metà del cioccolato tritato grossolanamente e infine il miele se ami un sapore più dolce. Mescolate bene il tutto, unite infine gli albumi montati a neve (dall’alto verso il basso per non smontare il composto).

Oliate una teglia da forno (io ho usato uno stampo quadrato ma in alternativa potete utilizzare uno stampo tondo dal diametro di 22/24 cm), versate il composto nello stampo livellando bene e cospargete la superficie con le mandorle e il cioccolato avanzato.

Cuocete in forno caldo pre-riscaldato a 180 gradi per circa 40/45 minuti, fate sempre la prova stecchino prima di sfornare la torta.

Ricette ideate dalla nutrizionista  Gemma Fabozzi in collaborazione con Mara Soul Kitchen 

Torta albumi senza zucchero e senza glutine
Le-nostre-storie-Rubrica-B-Woman-1-1200x1200.jpeg

Terza storia: i primi tentativi di Procreazione Medicalmente Assistita, cosa fare per non farsi risucchiare da ansie e paure?

 

La storia di Chiara e Mattia

“Come gestite lo stress in questo momento?” Bene! La domanda perfetta per Chiara, che si è sempre voluta sentire la migliore della classe. Lo fa anche negli incontri di gruppo, la vedo che freme, vuole rispondere per prima, ma ha preso la parola la coppia alla nostra destra, so cosa risponderanno, questo l’ho imparato da lei. Ho imparato a osservare le persone, a capirle, a leggere il non verbale, so già che la donna al nostro fianco inizierà a parlare e poi piangerà, perché ogni domanda la riporta all’enorme fatica con cui sta vivendo le fasi del suo percorso che peraltro è molto simile al nostro, si sente fragile, percepisce che il suo corpo risponde male alle visite, alle medicine, alle stimolazioni, non riesce a mantenersi positiva ma, anche se con enorme sforzo, continua a rincorrere il suo sogno.

So che suo marito, poi, le prenderà la mano come fa puntualmente a ogni incontro; so anche cosa risponderà il marito della coppia di fronte a noi: lui fa e non pensa, non c’è motivo di stressarsi, secondo lui la scienza sarà risolutiva. Ha questo modo di fare cosi ottimistico che mi sembra voglia forzatamente raccontarsi di stare bene, è comunque chiaro che stia assecondando il volere della moglie nel partecipare al gruppo.

Poi ci sono loro, devo dirlo, la mia coppia preferita, li chiamo gli stoici: sei tentativi, tre gravidanze biochimiche (che non ho ancora capito cosa significhi) e un aborto all’undicesima settimana. Ricordo bene quando lo raccontarono, il loro non è solo stress, è paura del dolore, paura di un ulteriore test positivo e di una nuova perdita, ma sono sempre pronti a rimettersi in pista, non si scoraggiano, perché non vogliono rinunciare all’idea di famiglia che hanno da sempre.

Poi c’è Chiara, che in questi mesi ha imparato perfettamente a gestire il tempo senza esserne schiava, a non usarlo più come limite ma come risorsa. Padroneggia le sue emozioni meglio di chiunque altro, scrive quando è arrabbiata, fa yoga quando ha bisogno di staccare la spina e rilassarsi, colora i quaderni dei mandala giapponesi quando si sente stressata, chiama la gemella quando ha voglia di piangere, fa terapia per affrontare quelli che lei chiama “i miei fantasmi”.

“E tu Mattia?”

“Mattia corre… non gli piace molto parlare, ci ho provato tante volte, ma lui niente, svia.”

“Si è vero, Chiara mi conosce, corro, perché da quattrodici mesi a questa parte le uniche parole che mi risuonano in testa sono: i tuoi spermatozoi Mattia sono pochi e lenti, quindi io corro tanto e velocemente, lo faccio perché posso sentire il mio corpo di nuovo forte e potente, Questo Chiara non lo sa. Così come non sa che ogni volta che si lamenta perché non la accompagno a fare i pick-up, accusandomi di menefreghismo e mancanza di comprensione, io vorrei dirle: Chiara se ti vedo con un altro ago nel polso svengo e non di certo perché mi spaventino gli aghi, ma perché non è cosi che sarebbe dovuta andare, perché nella mia idea di coppia, dovrei occuparmi di te, procurarti serenità e non esporti a tutto questo. Non sa che ogni volta che varchiamo la porta del medico io mi lascio oscurare da lei fino a sentirmi un uomo invisibile, perché capisco quanto per lei sia importante sentire di avere il controllo della situazione, sentirsi protagonista, fare mille domande, chiarirsi ogni dubbio, posizionare la sua sedia davanti a quella del ginecologo escludendo tutto il resto, me compreso. Chiara non sa che anch’io ho i miei fantasmi, con mio padre e mio fratello che hanno avuto figli e non hanno fallito o con il lavoro, un lavoro faticoso ma che mi ha sempre entusiasmato e che ora svolgo con apatia: cosa produco a fare se poi non avrò un bambino che potrà usufruire del frutto dei miei sacrifici? Quindi corro, mi fa bene? Si! E’ sufficiente? No! O quantomeno non mi basta per contenere tutto quello che provo, non so se quello che sento è rabbia, frustrazione, dispiacere, delusione, paura o altro. So capire bene lo stato d’animo degli altri, ma per quanto riguarda me forse sono ancora un principiante.”

I consigli

E’ molto normale che il percorso di Procreazione Medicalmente Assistita sia costellato da ansie e paure e sarebbe davvero impensabile affrontare le visite mediche , le diagnosi e i risultati dei trattamenti con tranquillità perchè in ballo c’è la possibilità o meno di diventare genitori e l’eventualità di non riuscirci fa sperimentare alle coppie un’angoscia profonda che, in alcuni casi particolari, può determinare una vera e propria depressione. Lo stress generato può influenzare profondamente la vita di coppia, la vita sociale e lavorativa ecco perchè è importante tirare fuori questi timori e attuare dei comportamenti che facilitino la gestioni di tutte le situazioni difficili e dolorose che fanno parte di un percorso di fecondazione assistita.

La tipologia di ansie e paure riportate dai pazienti si differenziano a seconda della fase del percorso intrapreso e del numero dei tentativi eseguiti ma in generale qui di seguito ecco una lista di situzioni e di paure che si manifestano più frequentemente con qualche consiglio su come affrontarle:

  • La paura della diagnosi d’infertilità con l’indicazione che l’unico modo per avere un figlio potrebbe essere soltanto attraverso un percorso di fecondazione assistita. In queste situazioni è importante darsi il tempo per elaborare il lutto per l’infertilità. E’ importante non chiudersi a riccio ma darsi la possibilità di condividere dubbi e paure con il proprio partner e con i medici che ci seguono. Fondamentale il confronto con altre coppie che ci sono passate. Molto utile risulta una prima consulenza psicologica che solitamente i centri di procreazione medicalmente assistita mettono a disposizione per la coppia infertile. Affrontare le proprie paure all’inzio del percorso risulta infatti fondamentale per affrontare le scelte successive con consapevolezza ed equilibrio;
  • Le discussioni di coppia sulla scelta se fare o meno un trattamento di fecondazione assistita. Questo tipo di esperienza si manifesta all’inizio del percorso e possono esserci delle differenze nella coppia e i due partner possono non arrivare negli stessi tempi e modi ad una scelta finale. In questi casi è importante non forzare l’altro. E’ fondamentale ricordarsi che il progetto genitoriale è un progetto di coppia e iniziare un percorso senza avere un sostegno condiviso può portare a situazioni di forte ansia e stress.
  • La paura del fallimento a seguito della scelta di un percorso di fecondazione assistita. Il timore del fallimento è una costante del percorso PMA ma è molto utile pensare che ogni tentativo è una nuova possibilità di veder soddisfatto il proprio sogno. L’eventuale fallimento, inoltre, può essere accolto in maniera positiva perchè ci dà indicazioni sulle scelte future e ci apre comunque a nuove possibilità e a nuovi modi di affrontare il problema.
  • Lo stress che deriva dalle attese sugli esiti dei trattamenti. Questo tipo di ansia è quella che viene sperimentata più spesso nei percorsi di fecondazione assistita. Quando si aspettano gli esiti di un esame o di un trattamento medico si vive co la paura costante di ricevere risposte negative e questo influenza fortemente tutti gli aspetti della propria vita. L’ansia e i timori vanno però accolti per trovare delle soluzioni ad una gestione costruttiva di sensazioni che sono normali e fanno parte del percorso. Ad esempio nel post transfer è bene distrarsi e fare delle attività che ci allontanano da pensieri negativi ma nel caso non ci si riesca è bene sfogarsi, buttare fuori quello che si sente perchè solo accogliendo quello che sentiamo che possiamo trovare delle soluzioni utili a farci stare meglio. Non esiste un unico modo, ciascuno ha le risorse per trovare delle soluzioni creative per affrontare questa fase.

 

 

Dubbi, paure ansie e stress sono quindi tutte sensazioni che vanno legittimate più che criticate, ma la cosa più importante è trovare il modo di focalizzarsi non solo sul progetto genitoriale ma anche sulla propria realizzazione personale. Riprendere una vecchia passione, concentrarsi su un nuovo progetto lavorativo o un hobby risulta fondamentale per acquisire la forza e le competenze per gestire fin dall’inizio un percorso di fecondazione assistita che per sua natura si rivela profondamente stressante. Ricordarsi di essere fecondi e generativi è quindi il vero aiuto che dobbiamo chiedere a noi stessi.

1-barrette-grano-saraceno-soffiato-o-riso-soffiato-cioccolato-fondente-nocciole-tostate-1200x1200.jpg

Barrette cioccolato fondente e grano saraceno soffiato

Ingredienti

  • 100 gr di cioccolato fondente all’85%
  • 130 gr di grano saraceno soffiato (o altro cereale soffiato)
  • 50 gr di nocciole
  • Un cucchiaio di crema di mandorle (facoltativa)

Sciogliete a bagnomaria il cioccolato fondente, unite poi il grano saraceno soffiato, le nocciole tostate e tagliate grossolanamente e infine la crema di mandorle.

Stendete il composto su un foglio di carta  forno alto circa un cm, copritelo con altra carta forno e lasciate riposare in frigo per almeno 4 ore.

Trascorso il tempo necessario, tagliate a pezzetti irregolari formando delle barrette comode da portare come spuntino veloce, oppure sbriciolate il composto in modo da formare una granola croccante da mangiare insieme allo yogurt.

Ricette ideate dalla nutrizionista  Gemma Fabozzi in collaborazione con Mara Soul Kitchen 

grano saraceno soffiato o riso soffiato, cioccolato fondente, nocciole tostate
1ter grano saraceno soffiato o riso soffiato, cioccolato fondente, nocciole tostate 2
Le-nostre-storie-Rubrica-B-Woman-1200x1200.jpeg

2° storia: quando un figlio non arriva, come ne risente la sessualità

La storia di Marco e Giada

“Quanti?” “Sei, Giada”. “Sei ovociti non sono molti pensai”, ma ero ancora stordita dall’anestesia, non riuscii a chiedere nient’altro alla ginecologa in quel momento. Tornai a casa con un grande mal di testa, provai a riposarmi ma niente, eccoli di nuovo i miei se.. i miei ma… i miei quindi. Troppo pochi… con la fortuna che ho non potranno essere tutti inseminati… quindi ancora meno embrioni della scorsa volta.. se solo avessi saputo che proprio grazie a quel ciclo avrei dato alla luce Anna… ma in quel periodo le sfumature grigie della mia vita prendevano il sopravvento, più passavano i mesi, più accumulavo tentativi falliti, più mi sentivo vicina all’ultima fermata del treno, quella dove non sarei mai voluta scendere, quella della rinuncia, quella della nostra vita senza figli.

Mi bloccai, fermai quella parte negativa di Giada, quella dei pensieri catastrofici, dovetti farlo, perché promisi a Marco che quel fine settimana sarebbe stato nostro, quel sabato non saremmo stati la coppia della PMA, ma semplicemente Marco e Giada che andavano a festeggiare le nozze dei loro amici.

Le circostanze furono favorevoli, Filippo e Martina erano l’ultima coppia del nostro gruppo a sposarsi, gli unici a non avere figli. La richiesta esplicita dei nostri amici di non portare bambini al loro ricevimento fu per me motivo di sollievo.

Adoravo i bambini delle mie amiche ma ero stanca di dover fingere comprensione ogni volta che una di loro si lamentava dei capricci, dei pianti, delle giornate faticose, quando con il cuore a pezzi, l’unica cosa che avrei voluto dire era quanto in realtà fossero fortunate.

Quel giorno ci divertimmo davvero, di nuovo spensierati, sereni, tornammo a casa e accadde quello che oramai succede sempre… mi allontanai da lui, sapevo che il ripetersi di questo meccanismo avrebbe avuto un effetto devastante sul nostro matrimonio, ma non potevo, sentivo che qualcosa aveva derubato la mia sensualità e la mia spontaneità più intima.

Volevo trovare una causa esterna, mi sarei sentita meno responsabile, volevo dare la colpa ai trattamenti, in fondo si legge ovunque che la PMA rende meccanica la sessualità di coppia, ma non era quella la causa, avevo passato gli ultimi due anni a fare analisi, ecografie, monitoraggi, ad avere rapporti mirati. Mi ero abituata, sapevo benissimo differenziare i due piani, volevo essere superficiale e attribuire la colpa alle stimolazioni, al gonfiore, ma non mi vedevo gonfia, tantomeno ne avevo la percezione, a dire la verità mi sentivo svuotata, mi guardavo e mi domandavo com’era possibile che dentro di me qualcosa avesse smesso di funzionare, com’era possibile che una delle parti di me a cui ho sempre prestato attenzione, di cui ho avuto sempre cura e che mai mi ha dato problemi (se non qualche slogatura o ammaccatura nel corso degli anni) aveva deciso di tradirmi? Non era la fecondazione assistita ad aver danneggiato la nostra intimità, era il mio corpo che aveva maltrattato la mia femminilità.

I consigli

L’intimità di coppia può essere profondamente compromessa durante i percorsi di fecondazione assistita. La sessualità infatti passa da un soddisfacimento di un desiderio ad un mero atto procreativo in cui sono i giorni più fertili a definire quando avere rapporti sessuali ed è proprio quel “doverlo fare” a minare l’intimità di coppia. Va detto che un calo del desiderio è comunque fisiologico e non deve far paura ma è molto importante tirare fuori, in tempi brevi, il proprio disagio affinchè questa situazione non comprometta in maniera profonda la relazione di coppia. Di seguito gli errori da evitare:

  • Proteggere l’altro non manifestando il disagio che si prova nell’avere rapporti sessuali mirati. La mancata comunicazione nella coppia favorisce le incomprensioni e aumenta le discussioni fini a se stesse non permettendo di trovare altre modalità di affrontare il problema; Pensando di proteggere l’altro in realtà ci si sta negando dalla possibilità di trovare altri modi di vivere la sessualità.
  • Pensare che la qualità della relazione dipenda soltanto dalla qualità dei rapporti sessuali. Durante la vita di coppia la sessualità può subire dei cambiamenti che sono influenzati dalle esperienze che la coppia sta vivendo. Modifiche nella vita sessuale di chi sta facendo un percorso di procreazione medicalmente assistita sono fisiologiche ma è bene esplicitare all’altro quello che si sente senza vergogna o pretese;
  • Pensare che una difficoltà di erezione del proprio compagno stia a significare che la relazione di coppia sia in pericolo. Il percorso di fecondazione assistita genera molta ansia facilitando un aumento dell’adrenalina inibendo in alcuni casi la capacità di erezione di un uomo;
  • Credere che la qualità dei rapporti sessuali venga misurata in funzione alle proprie capacità riproduttive. La sessualità è un atto relazionale nel quale l’amore e la passione per l’altro sono indipendenti da una possibilità riproduttiva.
  • Credere che una diminuzione nella frequenza dei rapporti sessuali nasconda altre problematiche. Il percorso di procreazione medicalmente assistita può togliere spontaneità all’atto sessuale ma questi cambiamenti possono essere più che leciti in chi sta vivendo un evento paranormativo profondamente stressante.

Com’ è immaginabile il percorso PMA può influenzare pesantemente la sessualità di coppia ma è nel dialogo, nel confronto e nella capacità di trovare delle soluzioni creative e flessibili che si può pensare ad una nuova forma di intimità.

4-Plumcake-con-farina-di-castagne-uvetta-e-cioccolato-1200x576.jpg

Plumcake con farina di castagne, uvetta e cioccolato

Ingredienti

  • 130 gr di farina di castagne
  • 50 gr di farina di mandorle
  • 50 gr di uvetta
  • 50 gr di mandorle
  • 3 uova
  • 50 gr di zucchero integrale di canna
  • 50 ml di olio di oliva
  • 50 ml di acqua
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • 70 gr di cioccolato fondente all’85%

Montate le uova con lo zucchero (con una planetaria o con delle fruste elettriche) per circa 10 minuti, dovranno raddoppiare di volume. In una ciotola unite le farine, il lievito, l’acqua e l’olio. Mescolate bene tutto in modo da amalgamare tutti gli ingredienti. Unite poi il cioccolato fondente a pezzetti, l’uvetta e infine lentamente le uova.

Oliate uno stampo da plumcake e cuocete in forno pre-riscaldato a 180 gradi per circa 40 minuti (fate sempre la prova stecchino prima di sfornare).

Ricette ideate dalla nutrizionista  Gemma Fabozzi in collaborazione con Mara Soul Kitchen 

Le-nostre-storie-Rubrica-B-Woman-1200x1200.jpeg

Parte oggi la Rubrica LE NOSTRE STORIE: 10 coppie e la loro storia, 10 argomenti e tanti consigli su come affrontare il percorso di PMA

Desiderare un figlio e scoprire di essere infertile. Uno sconvolgimento emotivo

La Storia di Cristina e Alberto

Ho sempre preso in giro le mie amiche che usavano gli stick per controllare l’ovulazione. Un giorno li ho usati, tanto per divertirmi; li ho amati e poi odiati. Li ho amati quando era ancora un gioco, quando la nostra intimità sessuale era solo nostra, quando c’era tempo, ma da li a poco iniziò la smania… Ho scaricato tutte quelle stupidissime App, I-mamma, Flo, ìGyno, tutte… non vedevo l’ora di spuntare la casella INCINTA: niente! Passarono sei mesi e iniziai a cercare informazioni di ogni genere, mi rimase impressa la curva della fertilità che inizia a precipitare intorno ai 35 anni, io ne avevo 34, dovevo preoccuparmi? Ne parlai con Alberto e mi rispose: “Più ci pensi più non arriva!” Frase scontata, lo assecondai e decisi di aspettare, ma mi rimanevano impresse le parole della mia ginecologa: ”Avere rapporti sessuali frequenti e ben distanziati è una buona abitudine per ottimizzare le probabilità di concepimento.” Ed ecco che i miei rapporti sessuali si snaturarono e diventarono meccanici. Di mesi ne passarono altri sette, sapevo già a chi rivolgermi, a quale Centro e da quale medico: In fondo, anche se in modo virtuale, ero già entrata in quel “mondo”… e poi sono molto pragmatica, preferisco cercare subito le soluzioni per un problema anche se non si è ancora presentato. Dopo due settimane di esami e analisi mi resi conto che avevo ragione, il problema c’era e come, solo che un conto era pensarci in termini di possibilità remota, un conto era viverlo davvero e il mio si chiamava: patologia tubarica. Di quello che disse il ginecologo in quel momento ricordo poco: iter, tempi di attesa, costi, percentuali di successo… volevo solo sentire che nonostante tutto sarebbe bastato poco per risolvere la situazione. Salimmo in macchina in un silenzio di tomba, lo sguardo di Alberto era assente, la mano, rigida sul cambio. Non ebbi il coraggio di chiedergli nulla. Tornammo a casa e quella notte fui colta dai miei soliti mille se e mille ma, era una dinamica che conoscevo bene. Cominciai a pensare a cosa avrei potuto fare di diverso, qualche controllo in più, qualche scrupolo in più, cosa mi era sfuggito? Mi svegliai con una morsa sullo stomaco e mi resi conto che quella rabbia, quella paura e quella sensazione di sentirmi sbagliata, e nello stesso tempo vittima di chissà quale ingiustizia, erano solo un assaggio di quello che avrei provato successivamente. Era iniziato tutto come un gioco, il corollario bellissimo di un rapporto di coppia imperfetto e adesso sarebbe diventata la mia priorità, la mia ragione di vita. E’ incredibile, non l’avevo ancora concepito, ma il mio bambino già mi mancava da morire.

I consigli 

Un figlio desiderato che non arriva genera situazioni di grande sofferenza. Affrontare il dolore di una diagnosi d’infertilità significa trovare un nuovo equilibrio di coppia elaborando il lutto che deriva da una diagnosi inaspettata. La rabbia, il senso di colpa e i rimorsi per le scelte passate fanno parte del percorso di elaborazione ma spesso è proprio durante questo viaggio che possono manifestarsi momenti di profondo smarrimento. In tutti questi casi è  fondamentale tutelare il rapporto di coppia facilitando la comunicazione e il confronto reciproco. Non è sempre facile. Un evento che mette in crisi un progetto di coppia così importante può creare situazioni di forte tensione ecco che risulta  quindi fondamentale:

  • Accettare la crisi: l’infertilità può essere una delle maggiori sfide della nostra vita. riconoscere la difficoltà e accettare le emozioni è la condizione indispensabile per elaborarle e capire cosa davvero vogliamo per noi stessi e per la coppia;
  • Non colpevolizzarsi: l’infertilità è una condizione che non si è scelta volontariamente;
  • Non guardarsi indietro in cerca di risposte: nel passato non c’è nulla di utile per noi adesso;
  • Evitare di chiudersi in se stessi: è importante aiutarsi a farsi aiutare, la condivisione con il partner o con amici fidati allevia il peso della sofferenza;
  • Non sentirsi difettosi: essere infertili non ci nega la possibilità di essere generativi anche nel caso in cui il desiderio di genitorialità non venga soddisfatto.

Visione analisi e diagnosi 

In aggiunta alle reazioni ben descritte da Cristina e Alberto e che, seppur con scenari differenti, accomunano oggi migliaia di coppie che vivono l’infertilità, vi sono poi l’attesa degli esiti degli esami e la formulazione della diagnosi che aggiungono un ulteriore carico emotivo ad una situazione già cosi difficile da tollerare.

Molte coppie giungono dal ginecologo di riferimento da una parte con la speranza di capire cosa stia succedendo e dall’altra con l’aspettativa di risolvere subito il problema , talvolta, però, le indagini cliniche possono richiedere tempi lunghi e questo genera ansia in entrambi i partner, poichè non potendo far altro che aspettare e non riuscendo a controllare la situazione, sperimentano nell’attesa un senso di impotenza, quando poi viene comunicata la diagnosi, se questa non si allinea con le aspettative della coppia, la delusione, lo sconforto e la paura di non realizzare il desiderio di genitorialità, si fanno ancora più forti. Una sensazione spesso molto presente nelle donne è quella di un corpo che in maniera del tutto imprevedibile ci tradisce. Ci sono poi le coppie per le quali è difficile formulare una diagnosi, in questi casi l’assenza di una valida spiegazione rende ancora più difficile l’accettazione di avere un problema di infertilità.

Cosa è importante fare quindi in questa fase?

  • Informarsi: qualora la coppia stesse prendendo in considerazione la PMA, la corretta informazione e la conoscenza di quello che si andrà a fare sono fondamentali. Spesso le coppie sentono il bisogno di chiedere più volte al medico quello che sarà il possibile percorso, è importante non farsi remore in questo senso e decidere di intraprendere una strada solo dopo essere totalmente consapevoli dell’iter, dei costi e delle probabilità di successo;
  • Non lasciarsi sopraffare dalle pressioni esterne: talvolta può accadere che le famiglie di origine, qualora fossero informate di quanto stia succedendo ai propri figli, tentino di distoglierli dall’intraprendere un percorso di PMA, vuoi per motivi religiosi, vuoi per motivi morali o sociali, in questi casi la coppia deve darsi la possibilità di scegliere cosa fare e come proseguire in funzione dei proprio bisogni e dei propri desideri senza lasciarsi condizionare dall’esterno;
  • Mantenere un atteggiamento realistico: è importante calibrare ottimismo e pessimismo in base alla propria concreta situazione valutata con il massimo realismo possibile. Per contenere le ansie e le paure è necessario preventivare fin da subito sia l’esito positivo sia quello negativo;
  • Cercare aiuto in altre coppie: può accadere che alcune persone che ci circondano, sottovalutino la sofferenza causata dall’infertilità, chi non condivide la stessa situazione ha difficoltà a capire, può solo immaginare, Questo, talvolta, può alimentare il desiderio di solitudine e di isolamento. Invece, condividere la propria esperienza e le proprie emozioni, anche negative, può essere di grande aiuto. Può essere molto utile per le coppie in questa fase creare contatti con coppie che stanno vivendo la stessa situazione , oppure rivolgersi ad associazioni o forum di pazienti che combattono con l’infertilità;
  • Tenere a mente la coppia: questo è il punto più importante. La coppia rappresenta la spina dorsale dell’intero percorso. Una frase bellissima di Carl Jung e molto utilizzata dagli psicologici in questo periodo dice: “ Si supera solo ciò che si attraversa”, la coppia ha bisogno di affrontare questo percorso insieme, supportandosi a vicenda, ritrovando quelle risorse che in realtà gia’ possiede e che sono legate al motivo per cui ci si è scelti e alle abilità che hanno creato insieme come coppia. Solo cosi si potrà affrontare il percorso con meno fatica.

Torta-di-grano-saraceno-e-cioccolato-senza-zucchero-1200x734.jpg

Torta di grano saraceno e cioccolato senza zucchero

Ingredienti

  • 3 uova
  • 2 banane mature
  • 150 gr di farina di grano saraceno (o farina zero o farina di avena)
  • 50 gr di farina di mandorle
  • 100 gr di cioccolato extra fondente all’85%
  • 50 gr di uvetta
  • 50 gr di yogurt
  • 50 ml di acqua
  • 30 gr di cacao amaro
  • 1 bustina di lievito
  • Noci per decorare

Separate gli albumi dai tuorli e montateli a neve ben ferma. In un altro ciotola mescolate i tuorli con le banane schiacciate, fino a formare una crema, aggiungete poi le farine, il cacao, l’acqua  e lo yogurt. Mescolate bene in modo da amalgamare bene tutto e creare un composto cremoso. Aggiungete infine il lievito, il cioccolato fondente a pezzetti e l’uvetta.

Quando sarà tutto ben amalgamato aggiungete lentamente gli albumi a neve  con movimenti che vanno dall’alto vs il basso per non smontare il composto. L’impasto dovrà avere la consistenza di una mousse.

Oliate o imburrate una teglia dal diametro di 20/22 cm, versate il composto e cospargete la superficie di noci a pezzetti. Cuocete in forno statico pre riscaldato a 180 gradi per circa 40 minuti. Fate sempre la prova stecchino prima di sfornarla, se gradite cospargete la superficie di zucchero a velo.

Ricette ideate dalla nutrizionista  Gemma Fabozzi in collaborazione con Mara Soul Kitchen 

Stile-di-vita-attività-fisica-fertilità-b-woman.jpg

LO SAI CHE un’attività fisica moderata è correlata a percentuali di gravidanza più alte ma se eccessiva può essere addirittura controproducente?

Le donne che quotidianamente praticano sport che richiedono particolari sforzi hanno un aumento del rischio di infertilità. Questo può essere dovuto a molteplici fattori:

 Un’eccessiva attività fisica può generare una carenza di energia che è necessaria per il mantenimento della funzionalità ovarica, motivo per cui in molti casi si ha un’interruzione del ciclo mestruale

 Un’eccessiva attività fisica può generare un aumento del cortisolo, definito anche ormone dello stress, che sembra avere un ruolo nell’eziopatogenesi della sub fertilità agendo sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene

🌸I consigli B-Woman🌸

🎯 Attività fisica sì, ma senza esagerare

 Scegli un’attività da svolgere moderata come ad esempio lo Yoga, perfetto non solo per tonificare la muscolatura, migliorare l’elasticità del corpo e la postura, ma anche per migliorare la circolazione sanguigna, l’ossigenazione degli organi e favorire la loro funzione e detossificazione.

E ricorda: attività fisica non è sinonimo di attività sportiva

🎯 Per mantenere il nostro benessere psicofisico non bisogna andare per forza in palestra, basta prendere un po’ meno la macchina e smettere di usare l’ascensore camminando tutti i giorni per almeno 1 ora a piedi senza affaticare il nostro organismo e sottoporlo a stress inutili

📱 Per maggiori info visita la nostra pagina Fertilità.

📞 Chiamaci e prenota una consulenza con l’embriologa clinica e nutrizionista Dr.ssa Gemma Fabozzi telefonando al +39 3939259908

📍Il centro B-Woman è aperto dal
Lunedì al Venerdì dalle 9:30 alle 19:00

B-WOMAN Srl

Via dei Monti Parioli 6, 00197 Roma
PI e CF 14999761001
Pec: b-womansrl@legalmail.it
Mail: info@b-woman.it
www.b-woman.it

Tel: 06/92599080
Tel: 06/92599081
WhatsApp: 393-9259908

Orari

 Lun 09.30 – 18:00
 Mar 09.30 – 18:00
 Mer 09.30 – 18:00
 Gio 09.30 – 18:00
 Ven 09.30 – 13:30
 Sab – Dom Chiuso

Lavora con noi

B-woman cerca nuove figure professionali da inserire nel proprio team su ROMA – MILANO – TORINO

Inviare il proprio CV alla mail
collaboratori@b-woman.it

Copyright B-Woman 2022. All rights reserved.