Terza domanda della rubrica “La posta di B-Woman”. Risponde il Dr. Christian Biondi Lenoci
Terza domanda della rubrica “La posta di B-Woman”. Risponde il Dr. Christian Biondi Lenoci
“La Fabozzi risponde” è la nuova rubrica della d.ssa Gemma Fabozzi, embriologa clinica e biologa nutrizionista, responsabile dell’Area Nutrizione di B-Woman.
Abituare un bambino piccolo ad un uso scorretto ed eccessivo di smartphone e tablet, rischia di avere conseguenze sulla sua crescita e sul suo sviluppo. Inoltre, in casi estremi, può trasformarsi in dipendenza da giochi digitali, un disturbo chiamato “gaming disorder” riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale di Sanità.
Agosto è sinonimo di mare e vacanza. E’ il mese delle angurie, dei primi fichi, dell’uva e dei frutti di bosco, ma anche di cetrioli melanzane, peperoni, pomodori e zucchine.
Ecco i consigli B-Woman su quali verdure e frutta non possono mancare nel carrello della spesa di agosto
VERDURE E LEGUMI
Cetrioli, melanzane, peperoni, pomodori, zucchine, fagioli, Bietola, ceci, fagiolini, lenticchie, patate, peperoncino verde, ravanelli, rucola, scalogni, aglio, carote, erba cipollina, cipolla, lattuga, piselli, sedano, cavolo cappuccio
FRUTTA
Angurie, fichi, uva, uva spina, albicocche, fichi d’india, meloni, prugne, susine, ciliegie, amarene, lamponi, mandorle, mirtilli, more, noci, pesca gialla, pesca bianca, ribes
La storia di Andrea e Celeste
Da sempre ho desiderato il numero tre, ho mantenuto poi la convinzione che avrei avuto almeno un due, ma adesso sono un uno. Raccontata cosi sembra una storia tristissima, ma in verità l’infertilità ha incredibilmente rappresentato la chiave di volta della mia vita.
Non ho mai ritenuto la mia condizione il frutto di un’ingiustizia, perché, nonostante l’avessi desiderato da sempre, a decidere di avere un figlio ci sono arrivata a 41 anni. La consapevolezza che la mia riserva ovarica non avesse lo stesso aspetto del mio volto che sembrava ancora ventenne ce l’avevo e come, ma in quegli anni, abituata a ottenere più o meno tutto nella vita, ero convinta che se anche le possibilità sarebbero state il cinque per cento, io sarei rientrata in quel cinque per cento. Passarono cosi altri due anni, iniziai a chiedermi se fosse giusto pensare a ciò che non era ancora accaduto con la speranza che prima o poi potesse verificarsi, perdendo di vista nel frattempo la vita che inesorabilmente andava avanti. Mi fermai e bussai alla porta della PMA. Cicli negativi, da li a breve arrivò la proposta di poter ricorrere alla fecondazione con donazione di ovociti. Ecco forse l’aspetto su quale mi sentivo meno “comoda” e sul quale nutrivo più resistenze era proprio quello della donazione. Credo che per una persona ipercontrollante accettare la presenza di un estraneo in quella che forse è la sfera più intima di una coppia sia davvero una grande sfida. Io la persi, non nutrivo grandi preoccupazioni sulla mancanza del legame genetico, perché il mio più grande punto di riferimento nella vita è sempre stato il mio patrigno, ma l’idea di un terzo non la accettavo. Rimasi ancora nel dubbio della decisione e in quel periodo mi fu di grande aiuto una domanda che mi rivolse la mia psicologa, con la quale, appunto, lavoravo da tre anni sul tema del controllo. Mi chiese nell’eventualità di decidere per una vita senza figli quale sarebbe stato l’aspetto più difficile da affrontare. Pensai: “accettare di non poterne avere”. Mi sembrò una risposta più che esaustiva rispetto alla direzione che avrei dovuto prendere, ma non volli lasciare nulla di intentato e decisi di accompagnare Andrea a Santo Domingo che doveva seguire i lavori per la costruzione del suo piccolo villaggio turistico, forse un viaggio ci avrebbe aiutato a fare ulteriore chiarezza. Da Santo Domingo non tornammo. Divenni madre per otto volte, otto ragazzini meravigliosi che abitavano nei paesi vicini alla zona costiera. Non fu beneficienza, ma fu una specie di istinto quello di voler trascorrere gran parte delle mie giornate assieme a loro. Tornai a Roma dopo due anni senza Andrea, la decisione fu presa di comune accordo, fu sofferta, ma entrambi avevamo imparato che il volersi un gran bene non sarebbe più stato sufficiente. La consapevolezza che mai nessuno mi chiamerà mamma, fa ancora male, ma ho imparato a conviverci. L’infertilità ha fermato il mio tempo e ad oggi posso dire di averne tratto beneficio. Ho sempre pensato che la mia vita dovesse andare in un modo soltanto senza pensare se davvero fosse quello che desideravo. Oggi posso dire di aver trovato altri modi per sentirmi appagata, modi che molto probabilmente senza il percorso che ho affrontato non sarei mai stata in grado di trovare.
Quando una coppia si muove nella direzione di rinuncia, deve confrontarsi con l’idea che il progetto condiviso di genitorialità è perduto. Questa decisione rappresenta forse il momento più doloroso per entrambi i coniugi.
Un primo aspetto riguarda proprio il termine decisione che viene privato del suo significato di libera scelta e viene considerato come un qualcosa di imposto o come l’unica opzione possibile tra diverse alternative di genitorialità, che non collimano con il desiderio maturato da quella coppia, questo rende ancora più difficile considerare quelli che potrebbero rappresentare i risvolti positivi di una tale decisione.
Inoltre va considerato che, per chi ha intrapreso la PMA, la rinuncia di un figlio biologico, si inserisce come chiusura di un percorso, un percorso costellato di speranze, delusioni, sacrifici ed aspettative.
Il tema delle aspettative è un altro fattore che merita uno spazio di riflessione
Molte coppie, infatti, iniziano un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita solo pensando in termini positivi, ovvero maturando la convinzione che nel loro caso l’infertilità verrà risolta. Questo modo di pensare non è determinato solamente dalla predisposizione della coppia a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, ma è alimentato anche da un contesto esterno mediatico estremamente fuorviante. Molte coppie scelgono il centro in base alle informazioni che dispongono sul ginecologo di riferimento, quello che gode di fama internazionale, quello che fa miracoli, quello che partecipa a centinaia di congressi e che viene continuamente intervistato, incrementando l’idea che affidandosi a lui, molto probabilmente riusciranno a risolvere il problema; ci sono poi le innumerevoli informazioni riportate sulle testate giornalistiche, la maggior parte legate al tema del successo, come ad esempio gravidanze ottenute a 51 anni o centinaia di casi in cui si termina il percorso con il bambino in braccio, raramente si legge dei possibili fallimenti. E’ chiaro che tutto questo condiziona la coppia a mettere in preventivo solo il successo, negando un dato di realtà importantissimo ovvero quello del possibile fallimento e quando questo arriva, la delusione e il dolore sono ancora più intensi.
Il tema dell’accettazione è un altro aspetto da prendere in considerazione
Un altro aspetto da considerare quando si termina un percorso di PMA, è il tema dell’accettazione, dove per accettazione si intende prendere coscienza e imparare a convivere con qualcosa che non è possibile modificare. Per Celeste, questa parola in realtà è stata catartica, poiché ha preso consapevolezza del fatto che la delusione fosse più legata all’ammettere di non poter avere un figlio che non al desiderio del figlio stesso, ma per molte altre coppie, che considerano il volere mettere al mondo un bambino come una pura forma d’amore, come un darsi totalmente all’altro, è chiaro che il doversi confrontare con l’irrealizzabilità di tale desiderio, diventa emotivamente più doloroso.
Molte coppie, poi, hanno un’idea falsata del vivere senza figli.
Spesso nutrono la paura di rimanere bloccati in quel vissuto di tristezza dal quale si sentono sopraffatte nel momento stesso in cui si trovano a doversi chiedere se lasciare andare o meno il progetto di genitorialità, se tentare ancora o considerare altre opzioni, oppure si convincono dell’idea che la vita senza figli sia una vita vuota, o ancora che potranno pentirsi un domani della scelta fatta e che forse sarebbe stato meglio contemplare altri modi per diventare genitori come ad esempio l’adozione o la fecondazione con donazione di gameti.
Nel primo caso è importante che la coppia riconosca che solo una parte del dolore che si sta sperimentando nel momento attuale, deriva dalla mancanza di un figlio, il vissuto emotivo negativo deriva anche dall’esasperante incertezza se si potrà mai essere un genitore. Nel momento stesso in cui la coppia si dà il permesso di “lasciar andare”, potrà liberarsi da questa incertezza e dal continuo domandarselo, emergendo dalla pesantezza del dolore e attivandosi per un nuovo progetto di vita. Anche che la vita senza figli rappresenti inevitabilmente una vita vuota è una credenza disfunzionale. E’ chiaro che lo diventa nel momento stesso in cui la coppia non si dà il permesso di liberarsi dal vissuto di tristezza e fallimento impedendosi di investire in nuovi obiettivi e in nuovi interessi. La vita senza figli infatti comporta un guadagno in termini di tempo e libertà che sono entrambe due ottime risorse per accrescere il proprio sviluppo personale, di coppia, professionale e relazionale. Infine, la paura di un possibile rimpianto, fa parte di ogni processo decisionale, l’ambivalenza è una componente della condizione umana, ci saranno inevitabilmente giorni in cui ci si troverà a chiedersi se prendendo una decisione diversa si sarebbe stati più felici. Ma questo aspetto fa parte di ogni scelta che riguarda la propria vita: la parola decidere significa, infatti, rinunciare a qualcosa.
La mancanza di un figlio, inevitabilmente rappresenta un dolore da elaborare, l’importante è che la coppia non lo viva come una condanna eterna, se ci si concede l’opportunità di andare avanti, ci si renderà conto che esistono migliaia di matrimoni felici e di vite ugualmente realizzate anche in assenza di figli, cosi come esistono innumerevoli modi per essere ugualmente generativi anche senza la presenza di un figlio biologico.
Il burro chiarificato non è altro se non il burro normale filtrato, al quale viene tolta la maggior parte di acqua.
Un esempio: se fate sciogliere 250g. di burro in una pentola per un’ora e mezza e poi lo filtrate in un colino e lo lasciate raffreddare otterrete 175g. di burro chiarificato – Ghee.
Il burro chiarificato è un grasso puro perché è stato privato della parte acquosa, delle proteine e del lattosio contenuti nel burro classico. Ecco perché è consigliato per gli intolleranti al lattosio. Questo burro ha la capacità di eliminare le tossine e rinforzare il sistema immunitario.
Mentre il burro normale è preferibile usarlo a crudo perché conserva tutte le sue proprietà o al massimo a 120 gradi, il burro chiarificato resiste meglio alle temperature più alte perchè costituito al 99% da grasso puro. Inoltre quest’ultimo, a differenza del burro comune, non si ossida e si conserva a lungo anche a temperatura ambiente.
Il burro chiarificato è molto usato nella cucina ayurvedica, una cucina associata all’ayurveda, una medicina tradizionale indiana basata sull’equilibrio delle energie e degli elementi.
L’estate è ormai alle porte e la prova costume si avvicina! Non vi preoccupate venite a provare la bioimpedenzometria: un esame che permette di vedere come sta il tuo corpo prima di cambiare la tua alimentazione o la tua attività fisica.
È una tecnica che stima la
• massa GRASSA corporea (FM)
• massa NON GRASSA corporea (FFM), distinguendo tra:
✔️ MASSA CORPOREA EXTRACELLULARE (ECM), ossia i liquidi
✔️ MASSA CORPOREA CELLULARE (BCM), ossia la massa muscolare
Mentre il peso indicato dalla bilancia non ci fornisce informazioni sulla quantità di massa grassa e massa muscolare che abbiamo, né ci indica se siamo ben idratati o se per contro siamo in una condizione di disidratazione o ritenzione idrica; la bioimpedenziometria, invece, ci dà informazioni su tutti questi aspetti
📞 Prenota una consulenza nutrizionale e la bioimpedenzometria (BIA) telefona al +39 3939259908 o invia una mail ad info@b-woman.it
La più famosa è certamente la nutella, che nei suoi esordi, veniva venduta proprio così, spalmata su una fetta di pane.
Partiamo dall’etichetta: le immagini HANNO IL SOLO SCOPO ILLUSTRATIVO.
Non andiamo ai valori nutrizionali, vediamo prima la lista degli ingredienti: sono scritti in ordine DECRESCENTE, ciò vuol dire che il primo ingrediente è predominante nel prodotto, e via a scalare.
Nel caso in cui stiamo cercando di acquistare una crema di nocciole, il primo ingrediente devono essere proprio queste ultime!
Dopo questo step, per confrontare due prodotti tra di loro, bisogna consultare i valori nutrizionali, ad esempio, la quantità di zucchero presente per 100g.
Riusciremo così ad avere una panoramica di ciò che stiamo acquistando (le creme di nocciola in commercio nelle grandi distribuzioni presentano al massimo tra il 45 ed il 60% di nocciole).
Dobbiamo dirigerci verso le creme 100% frutta secca.
Sono composte esclusivamente da: mandorle, nocciole, arachidi, anacardi! Vengono tostati, frullati e sono pronti al consumo sotto forma di crema, per questo in realtà sono facilmente replicabili anche in casa.
Ovviamente in questi prodotti l’etichetta è decisamente semplice, e non ci sarà alcuno zucchero o olio aggiunto, ma la lista ingredienti sarà ad esempio, mandorle 100%.
Inserire queste creme nella propria alimentazione in maniera mirata, può essere di aiuto nel gestire picchi glicemici: ad esempio, una gustosissima merenda con banana e crema di arachidi, la componente grassa degli arachidi, bilancerà il quantitativo di zuccheri naturalmente presenti nella banana.
Mediamente una crema di mandorle in 100g contiene:
22g di proteine
55g di grassi
Le mandorle sono inoltre ricche di potassio calcio e magnesio
A confronto, una crema di arachidi contiene invece mediamente 29g di proteine, 50g di grassi e una quantità un pò più bassa dei micronutrienti sopra descritti.
Prima di tutto perchè sono buonissime!!
Sono fonte di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, sono considerati grassi “buoni”, in quanto favoriscono la sostituzione del colesterolo LDL presente nel sangue, che è causa di infarti e di ostruzioni vascolari, con colesterolo HDL, il cosiddetto colesterolo “buono”.
Una dieta equilibrata, in particolare per le donne, deve prevedere e considerare l’utilizzo di “grassi buoni”, soprattutto per quel che riguarda la sfera della fertilità, poichè vengono utilizzati come substrati energetici durante la maturazione degli ovociti. Inoltre, contengono antiossidanti (es. Vitamina E), sostanze in grado di contrastare i radicali liberi e proteggere l’organismo dalla loro azione negativa come l’accelerazione dei processi di invecchiamento cellulare, o l’insorgenza di alcune patologie.