L’endometriosi è una malattia che si manifesta con la presenza anomala di tessuto endometriale (che riveste la superficie interna dell’utero) al di fuori della cavità uterina (ovaie, peritoneo, tube, intestino) e provoca forte dolore pelvico, mestruale e durante i rapporti sessuali (dispareunia).
“Tale patologia, che può presentarsi in modi differenti e con diversi livelli di gravità, può risultare fortemente invalidante per chi ne è affetta, spiega Federica Faustini psicologa e psicoterapeuta del centro B-Woman”.
Malattia ancora vista come un tabù
“Nonostante la sua scoperta da quasi un centennio e la sua incidenza superiore al 10% della popolazione femminile in età fertile, continua la psicologa, si rivela essere una malattia poco conosciuta dal punto di vista eziopatogenetico, della ricorrenza dei sintomi, delle recidive. Una patologia che per lungo tempo ha rappresentato un vero e proprio tabù di cui le donne stesse avevano timore di parlare, sopportando il peso della sofferenza fisica, della incomprensione e le gravi ripercussioni emotive e psicologiche”.
Riflettori mediatici sull’endometriosi
“Solo di recente – prosegue l’esperta – si sono accesi i riflettori mediatici sull’endometriosi, complice anche l’outing di donne dello spettacolo come ad esempio il caso di Lena Dunham, non molto tempo fa, su ‘Vogue Usa’ che ha deciso di raccontare la sua esperienza rispetto alla recente isterectomia (asportazione chirurgica dell’utero) subìta a seguito di anni di lotta contro l’endometriosi”.
Il dolore inteso come paura
“La complessità clinica-terapeutica dell’endometriosi – aggiunge la Dr.ssa Faustini – non riguarda solo il trattamento dei suoi effetti sul sistema organico-corporeo, ma anche si riflette sulla componente psichica-soggettiva. L’endometriosi va infatti ad intaccare diversi domini dell’esistenza femminile: individuale, sessuale, relazionale, sociale e ovviamente quello della maternità. A giocare un ruolo determinante in questo senso è il fenomeno del dolore cronico e ciclico che colpisce le pazienti sintomatiche.
Il sentimento predominante è la paura, che assume varie forme:
• paure che riguardano la patologia fisica;
• paura del dolore cronico e ciclico che colpisce le pazienti sintomatiche;
• paure riguardo ai trattamenti come la paura dell’intervento chirurgico, paura di cambiamenti fisici e alterata immagine corporea;
• paure di recidive;
• paure che riguardano gli effetti psicologici e paure personali ed esistenziali.
Chi soffre di questa patologia, si trova infatti spesso a subire una ferita narcisistica che fa sentire la donna incompleta e inadeguata”.
Le ripercussioni del dolore anche nel rapporto di coppia
“L’endometriosi, quindi – specifica l’esperta – si ripercuote sulla relazione di coppia, per il carico di dolore. Può ledere l’intimità della coppia perché un uomo che ama la propria donna non vuole causarle dolore. Per questo motivo molti partner si astengono dalla penetrazione, e da qualsiasi forma di intimità. Questa astinenza protratta diventa causa di tensioni familiari, irritazione, aggressività, specialmente se la diagnosi non è ancora stata fatta, periodi che possono durare mesi o addirittura anni.
Dolore associato a complicazioni psicologiche
“Spesso le donne precisa la psicoterapeuta – si sentono dire che il dolore “è tutto nella loro testa”, ossia che è “psicologico” o per quelli più evoluti “psicosomatico”. La sofferenza viene allora peggiorata dall’incomprensione, dalla solitudine. Il dolore pelvico cronico si dimostra quindi essere associato a conseguenze negative non solo fisiche, ma anche psicologiche e di conseguenza socio-relazionali, nella misura in cui la donna affetta da tale sintomo non può lavorare, non gode dei rapporti sessuali, delle situazioni sociali e anzi esperisce sbalzi d’umore e livelli moderati/gravi di depressione e ansia. Tali problematiche sono inoltre associate al lasso di tempo eccessivamente lungo che intercorre tra l’insorgenza dei sintomi e la diagnosi. Per cui sintomi difficili da gestire e lunghe attese prima di ricevere una diagnosi, portano le pazienti a sperimentare una condizione di dolore e sofferenza prolungata che si rivela poi essere in parte responsabile dell’aumento dei livelli di stress, insoddisfazione sessuale e diminuita autostima: fattori questi che possono aumentare il rischio di complicazioni psichiatriche”.
Il consiglio
“Appare, dunque, evidente, alla luce dei dati presentati, conclude la Dr.ssa Faustini, quanto sia di fondamentale importanza che queste pazienti possano essere sostenute da figure professionali preparate, tra le quali quella dello psico-sessuologo, nell’immediato post-diagnosi, così come sul lungo termine.
Un professionista che possa fungere da catalizzatore, nell’elaborazione dei vissuti della paziente e contribuire all’instaurarsi di una prospettiva di vita gratificante, dopo la malattia, mediante l’accettazione della stessa, del dolore e della terapia farmacologica che comporta, oltre che della non di minor importanza gestione relazionale e personale dei sintomi”.