Quello dell’attesa post transfer è uno dei momenti più difficili.
Come superarlo?
“Accettando che tutto quello che accadrà dal momento del transfer in poi non dipende più da noi – spiega Federica Faustini, responsabile dell’area Psicologia di B-Woman, psicologa e psicoterapeuta – essere consapevoli di questo significa comprendere che ciascuna coppia ha fatto tutto ciò che fosse in suo poter fare per poter cambiare la situazione e che giunti a questa fase del percorso, non si può fare altro che lasciare che le cose accadano da sé”.
Evitare il continuo check del corpo e il ricorso ad internet: “Ruscire a fare questo non significa eliminare l’ansia o la preoccupazione, perché è normale che ci siano, significa però cercare di non trascorrere tutto il tempo a pensare al possibile esito, perché non è preoccupandosi che alcuni eventi possono essere evitati, non è il nostro atteggiamento mentale pessimista o ottimista che sia a determinare l’esito di una situazione che in quel momento non dipende più da noi e sicuramente non è monitorando compulsivamente i sintomi del proprio corpo confrontandoli su internet con quelli di altre donne che avremmo le risposte che cerchiamo più adottiamo questo comportamento più si creano i presupposti per alimentare l’ansia e l’agitazione che ne consegue”.
Qualche giorno prima del risultato essere disponibili mentalmente a pianificare un piano B, riflettendo sulla possibilità che l’esito non sarà buono e su come organizzare i giorni successivi. “Si può iniziare a valutare l’ipotesi di fare una pausa – dice la d.ssa Faustini – perché ci si sente fisicamente ed emotivamente stanchi, magari c’è il desiderio di decomprimere e di riprendersi in mano la propria vita, perché la vita non più essere solo l’infertilità..e allora se dopo che la coppia si è confrontata con il medico si decide che in tutto l’economia del percorso prendersi una pausa non compromette nulla bene venga, anche perché allontanarsi un attimo ci aiuta decentrarci dal problema , aprirsi ad uno spazio di riflessione personale e di coppia, a capire dove si è rispetto al percorso e come si vuole proseguire, oppure si può pensare di rimettersi subito in pista ma scegliendo di percorrere la strada in modo diverso, per chi ha già affrontato un ciclo di trattamento che non è andato a buon fine, può essere utile soffermarsi e capire come è stato affrontato il percorso fino ad ora, cosa ha reso più difficile il percorso stesso e che cosa adesso posso fare diversamente, perché se è vero che ci sono alcune cose che non possiamo controllare, altre sicuramente si”.
Occorre sfruttare questo momento di paura per prendersi cura di se: “E’ fondamentale farlo in un percorso di questo tipo – consiglia la psicologa – perché a volte ci si fa sommergere totalmente dal problema, che ci si dimentica di se stesse, se affolliamo la nostra mente solo da pensieri riguardanti il bambino che non arriva, si rischia di crearsi un vuoto, che verrà riempito solo da ansia, stress, rabbia, o frustrazione, proprio perché queste due settimane rappresentano uno stop dal trattamento, è molto importante, fermarsi, ascoltarsi e chiedersi cosa ci può essere utile, come vogliamo riempirlo questo tempo? Non importa cosa si sceglie, può essere coltivare una passione, dedicarsi ad una nuova attività, può essere un progetto per la casa, può essere coltivare alcune relazioni o riempire parte di questo tempo con cose che ci rilassano, o che ci aiutano a distrarsi, l’importante è che ci aiutino a ricentrarsi perché è in questo modo che troviamo le energie per affrontare un tema cosi faticoso”.