Terza storia: i primi tentativi di Procreazione Medicalmente Assistita, cosa fare per non farsi risucchiare da ansie e paure?
La storia di Chiara e Mattia
“Come gestite lo stress in questo momento?” Bene! La domanda perfetta per Chiara, che si è sempre voluta sentire la migliore della classe. Lo fa anche negli incontri di gruppo, la vedo che freme, vuole rispondere per prima, ma ha preso la parola la coppia alla nostra destra, so cosa risponderanno, questo l’ho imparato da lei. Ho imparato a osservare le persone, a capirle, a leggere il non verbale, so già che la donna al nostro fianco inizierà a parlare e poi piangerà, perché ogni domanda la riporta all’enorme fatica con cui sta vivendo le fasi del suo percorso che peraltro è molto simile al nostro, si sente fragile, percepisce che il suo corpo risponde male alle visite, alle medicine, alle stimolazioni, non riesce a mantenersi positiva ma, anche se con enorme sforzo, continua a rincorrere il suo sogno.
So che suo marito, poi, le prenderà la mano come fa puntualmente a ogni incontro; so anche cosa risponderà il marito della coppia di fronte a noi: lui fa e non pensa, non c’è motivo di stressarsi, secondo lui la scienza sarà risolutiva. Ha questo modo di fare cosi ottimistico che mi sembra voglia forzatamente raccontarsi di stare bene, è comunque chiaro che stia assecondando il volere della moglie nel partecipare al gruppo.
Poi ci sono loro, devo dirlo, la mia coppia preferita, li chiamo gli stoici: sei tentativi, tre gravidanze biochimiche (che non ho ancora capito cosa significhi) e un aborto all’undicesima settimana. Ricordo bene quando lo raccontarono, il loro non è solo stress, è paura del dolore, paura di un ulteriore test positivo e di una nuova perdita, ma sono sempre pronti a rimettersi in pista, non si scoraggiano, perché non vogliono rinunciare all’idea di famiglia che hanno da sempre.
Poi c’è Chiara, che in questi mesi ha imparato perfettamente a gestire il tempo senza esserne schiava, a non usarlo più come limite ma come risorsa. Padroneggia le sue emozioni meglio di chiunque altro, scrive quando è arrabbiata, fa yoga quando ha bisogno di staccare la spina e rilassarsi, colora i quaderni dei mandala giapponesi quando si sente stressata, chiama la gemella quando ha voglia di piangere, fa terapia per affrontare quelli che lei chiama “i miei fantasmi”.
“E tu Mattia?”
“Mattia corre… non gli piace molto parlare, ci ho provato tante volte, ma lui niente, svia.”
“Si è vero, Chiara mi conosce, corro, perché da quattrodici mesi a questa parte le uniche parole che mi risuonano in testa sono: i tuoi spermatozoi Mattia sono pochi e lenti, quindi io corro tanto e velocemente, lo faccio perché posso sentire il mio corpo di nuovo forte e potente, Questo Chiara non lo sa. Così come non sa che ogni volta che si lamenta perché non la accompagno a fare i pick-up, accusandomi di menefreghismo e mancanza di comprensione, io vorrei dirle: Chiara se ti vedo con un altro ago nel polso svengo e non di certo perché mi spaventino gli aghi, ma perché non è cosi che sarebbe dovuta andare, perché nella mia idea di coppia, dovrei occuparmi di te, procurarti serenità e non esporti a tutto questo. Non sa che ogni volta che varchiamo la porta del medico io mi lascio oscurare da lei fino a sentirmi un uomo invisibile, perché capisco quanto per lei sia importante sentire di avere il controllo della situazione, sentirsi protagonista, fare mille domande, chiarirsi ogni dubbio, posizionare la sua sedia davanti a quella del ginecologo escludendo tutto il resto, me compreso. Chiara non sa che anch’io ho i miei fantasmi, con mio padre e mio fratello che hanno avuto figli e non hanno fallito o con il lavoro, un lavoro faticoso ma che mi ha sempre entusiasmato e che ora svolgo con apatia: cosa produco a fare se poi non avrò un bambino che potrà usufruire del frutto dei miei sacrifici? Quindi corro, mi fa bene? Si! E’ sufficiente? No! O quantomeno non mi basta per contenere tutto quello che provo, non so se quello che sento è rabbia, frustrazione, dispiacere, delusione, paura o altro. So capire bene lo stato d’animo degli altri, ma per quanto riguarda me forse sono ancora un principiante.”
I consigli
E’ molto normale che il percorso di Procreazione Medicalmente Assistita sia costellato da ansie e paure e sarebbe davvero impensabile affrontare le visite mediche , le diagnosi e i risultati dei trattamenti con tranquillità perchè in ballo c’è la possibilità o meno di diventare genitori e l’eventualità di non riuscirci fa sperimentare alle coppie un’angoscia profonda che, in alcuni casi particolari, può determinare una vera e propria depressione. Lo stress generato può influenzare profondamente la vita di coppia, la vita sociale e lavorativa ecco perchè è importante tirare fuori questi timori e attuare dei comportamenti che facilitino la gestioni di tutte le situazioni difficili e dolorose che fanno parte di un percorso di fecondazione assistita.
La tipologia di ansie e paure riportate dai pazienti si differenziano a seconda della fase del percorso intrapreso e del numero dei tentativi eseguiti ma in generale qui di seguito ecco una lista di situzioni e di paure che si manifestano più frequentemente con qualche consiglio su come affrontarle:
- La paura della diagnosi d’infertilità con l’indicazione che l’unico modo per avere un figlio potrebbe essere soltanto attraverso un percorso di fecondazione assistita. In queste situazioni è importante darsi il tempo per elaborare il lutto per l’infertilità. E’ importante non chiudersi a riccio ma darsi la possibilità di condividere dubbi e paure con il proprio partner e con i medici che ci seguono. Fondamentale il confronto con altre coppie che ci sono passate. Molto utile risulta una prima consulenza psicologica che solitamente i centri di procreazione medicalmente assistita mettono a disposizione per la coppia infertile. Affrontare le proprie paure all’inzio del percorso risulta infatti fondamentale per affrontare le scelte successive con consapevolezza ed equilibrio;
- Le discussioni di coppia sulla scelta se fare o meno un trattamento di fecondazione assistita. Questo tipo di esperienza si manifesta all’inizio del percorso e possono esserci delle differenze nella coppia e i due partner possono non arrivare negli stessi tempi e modi ad una scelta finale. In questi casi è importante non forzare l’altro. E’ fondamentale ricordarsi che il progetto genitoriale è un progetto di coppia e iniziare un percorso senza avere un sostegno condiviso può portare a situazioni di forte ansia e stress.
- La paura del fallimento a seguito della scelta di un percorso di fecondazione assistita. Il timore del fallimento è una costante del percorso PMA ma è molto utile pensare che ogni tentativo è una nuova possibilità di veder soddisfatto il proprio sogno. L’eventuale fallimento, inoltre, può essere accolto in maniera positiva perchè ci dà indicazioni sulle scelte future e ci apre comunque a nuove possibilità e a nuovi modi di affrontare il problema.
- Lo stress che deriva dalle attese sugli esiti dei trattamenti. Questo tipo di ansia è quella che viene sperimentata più spesso nei percorsi di fecondazione assistita. Quando si aspettano gli esiti di un esame o di un trattamento medico si vive co la paura costante di ricevere risposte negative e questo influenza fortemente tutti gli aspetti della propria vita. L’ansia e i timori vanno però accolti per trovare delle soluzioni ad una gestione costruttiva di sensazioni che sono normali e fanno parte del percorso. Ad esempio nel post transfer è bene distrarsi e fare delle attività che ci allontanano da pensieri negativi ma nel caso non ci si riesca è bene sfogarsi, buttare fuori quello che si sente perchè solo accogliendo quello che sentiamo che possiamo trovare delle soluzioni utili a farci stare meglio. Non esiste un unico modo, ciascuno ha le risorse per trovare delle soluzioni creative per affrontare questa fase.